Da qualche tempo l’Inps – Istituto Nazionale della Previdenza Sociale – ha avviato una serie di azioni nei confronti dei suoi ex dipendenti in pensione volte al recupero di somme erroneamente erogate.
La procedura di recupero parte con una lettera di messa in mora, con la quale l’Inps chiede la restituzione entro trenta giorni delle somme che sarebbero state erroneamente pagate in più.
In caso di mancato pagamento nei termini, l’istituto dà inizio all’esecuzione mediante un prelievo coattivo delle somme, eseguendo una trattenuta sulla stessa pensione erogata all’ex dipendente.
Tale condotta è stata oggetto di numerosi ricorsi da parte dei pensionati dell’Inps, architetti, medici, ingegneri, che purtroppo nella maggior parte dei casi hanno visto rigettare le proprie pretese.
La questione, tuttavia, ha trovato di recente positiva tutela, a seguito di ricorso presentato dal nostro Studio Legale per conto di un architetto ex dipendente dell’Inps, collocato a riposo dal 01.12.2008 che, come tanti altri professionisti, dopo molti anni dal pensionamento si è visto recapitare dall’Inps una lettera di messa in mora con avviso di “Riliquidazione indennità di anzianità”, con la quale l’Inps comunicava di aver provveduto a ricalcolare l’indennità di buonuscita corrisposta a suo tempo e salvo conguaglio e che “dal computo sarebbe derivato un importo lordo a debito pari ad € 12.780,70”, intimando all’ex dipendente la restituzione del predetto importo entro i successivi 30 giorni. Decorso tale termine, l’Inps applicava il regime della compensazione legale ex art. 1243 e s.s. e procedeva ai sensi dell’art. 69 della legge n. 153/1969 con il prelievo coattivo delle somme sulla prestazione pensionistica erogata dall’Istituto stesso.
Avverso detto provvedimento, pertanto, l’architetto ex dipendente Inps presentava ricorso al Tribunale di Roma, sezione lavoro e previdenza.
Tra gli altri, con il primo motivo di ricorso – che qui interessa – il ricorrente eccepiva la violazione dell’art. 30 dpr 1032/1973 per mancato rispetto del termine di decadenza, e rilevava che la revoca, modifica o rettifica dei provvedimenti dell’INPS che possono dar luogo al recupero dell’indennità TFS e TFR deve avvenire nell’ambito dei termini di decadenza regolati dalla legge (articolo 30 DPR 1032/1973).
L’art. 30 D.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1032 prevede, infatti, che “i provvedimenti di liquidazione dell’indennità di buonuscita, nelle ipotesi in cui vi sia stato errore di fatto o sia stato omesso di tener conto di elementi risultanti dagli atti oppure vi sia stato errore nel computo dei servizi o nel calcolo del contributo di riscatto o nel calcolo dell’indennità di buonuscita o dell’assegno vitalizio, possono essere modificati, revocati o rettificati “non oltre il termine di un anno dalla data di emanazione” (secondo comma). Questo è quanto sancito dalla normativa in materia di ripetizione degli indebiti da TFS/TFR da parte di Inps, richiamata, peraltro – come veniva rilevato nel ricorso – nella Circolare Inps n. 47 del 16/03/2018.
In particolare, qualora vi sia stato errore di fatto o si sia omesso di tener conto degli elementi risultanti dagli atti o vi sia stato errore nel computo dei servizi o nel calcolo del contributo di riscatto o nel calcolo del trattamento, la revoca, modifica o rettifica del provvedimento deve avvenire non oltre il termine di decadenza di un anno dalla data del provvedimento stesso. Per costante e consolidata giurisprudenza il termine è da considerarsi perentorio.
L’Inps si costituiva in giudizio, rappresentando di aver provveduto alla riliquidazione dell’indennità di buonuscita già erogata all’ex dipendente, in virtù del mutato indirizzo interpretativo in relazione all’art. 13 della legge 70/1975 originato dai principi affermati in alcune sentenze della Corte di Cassazione a seguito dei quali l’Istituto era addivenuto alla determinazione di escludere dalla base di calcolo dell’indennità di buonuscita “le voci retributive diverse dallo stipendio tabellare e dalla sua integrazione mediante scatti di anzianità o componenti retribuzioni similari, in quanto le stesse non costituiscono parte del trattamento economico fondamentale”.
Si opponeva, poi, all’avverso ricorso rilevando l’infondatezza della dedotta violazione da parte dell’Inps di quanto disposto dall’ art. 30 D.P.R. 1032/1973, in quanto tale norma, inserita nel testo unico delle norme sulle prestazioni previdenziali a favore dei dipendenti civili e militari dello Stato, non avrebbe avuto dunque alcuna attinenza con le prestazioni previdenziali erogate dall’Inps, ente pubblico non economico, ai propri dipendenti, ai quali invece compete l’indennità di anzianità in base all’art. 13 legge . 70/75.
Rilevante, a conclusione del giudizio, la Sentenza n. 1394/2020 pubblicata il 11/02/2020, emessa dal Tribunale di Roma, sezione lavoro e previdenza, Giudice Dott.ssa Amalia Savignano che segna un’importante vittoria a tutela dei diritti degli ex dipendenti dell’Inps, che si sono visti decurtare dalla propria pensione, in modo arbitrario e senza alcun contraddittorio, parte delle somme erogate mensilmente dall’Inps.
La suddetta sentenza, in accoglimento del ricorso presentato dall’architetto, ha stabilito l’illegittimità della “riliquidazione” comunicata al ricorrente dall’Inps e, per l’effetto, il diritto del ricorrente al mantenimento degli effetti dei provvedimenti di liquidazione dell’indennità di buona uscita e segnatamente dell’indennità di anzianità ivi riconosciuta.
Il Tribunale ha, infatti, riconosciuto l’applicabilità dell’art. 30 del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1032, che prevede specificamente la possibilità per l’Amministrazione, che abbia posto in essere un “errore” nel “calcolo dell’indennità di buonuscita”, di revocare, modificare o rettificare d’ufficio i provvedimenti adottati e fissa il termine per l’esercizio di tale facoltà, specificando, però, che “il provvedimento è revocato, modificato o rettificato non oltre il termine di un anno dalla data di emanazione”, anche ai dipendenti dell’Inps, così come indicato dallo stesso Istituto nella Circolare INPS n. 47 del 16 marzo 2018 e segnatamente il punto 8.2., concernente specificamente la “prescrizione e decadenza del diritto di credito alla ripetizione degli indebiti da TFS/TFR”, che prevede espressamente che “L’adozione degli atti di revoca, modifica o rettifica dei provvedimenti adottati all’INPS e che possono dar luogo al recupero della indennità di buonuscita deve avvenire nell’ambito dei termini decadenziali previsti dall’articolo 30 del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1032”, chiarendo come tali provvedimenti debbano essere “adottati non oltre il termine di decadenza di un anno dalla data di emanazione dell’atto di riferimento”.
Ne consegue la tardività del provvedimento impugnato dalla parte ricorrente, perché adottato ben oltre il termine di decadenza fissato dalla normativa.